Articolo del Dott. Forestale Massimiliano Lenzi
E’ ormai noto che il legno presenta
caratteristiche fisico-meccaniche tali da poter essere inserito tra i
materiali da costruzione maggiormente impiegati: è infatti leggero,
ottimo rapporto peso/prestazioni, è durabile, se utilizzato con
idonei accorgimenti e resistente al fuoco. In Italia il legno è
stato utilizzato sin dall'antichità essenzialmente per la
realizzazione di strutture portanti, quali solai e coperture.
Ulteriori impieghi del legno si ritrovano nelle fondazioni di edifici
sottoforma di pali, nelle strutture in elevazione come le pareti e i
pilastri, nelle cupole e nei controsoffitti, questi ultimi ampiamente
diffusi nel nostro Paese. Esistono inoltre anche opere
architettoniche più complesse come le costruzioni abitative
realizzate dai Walser, popolazione di origine germanica insediata tra
il XIII e il XVIII secolo in Piemonte e in Valle d’Aosta, il Ponte
Vecchio a Bassano del Grappa, progettato da Palladio, fino ad
arrivare a strutture più particolari e recenti come le montagne
russe (wooden roller coaster) diffuse in America, Europa e fino al
2007 anche in Italia, nel parco divertimenti di Mirabilandia a
Ravenna. Infine, l’impiego del legno lamellare ha permesso la
realizzazione di opere di alto valore ingegneristico e architettonico
non concepibili con l’utilizzo del legno massiccio. In questo
articolo verranno trattati, senza pretese esaustive, i solai, le
coperture e i controsoffitti presenti all'interno degli edifici
storici.
Solai lignei
Esistono fondamentalmente tue tipologie
di solai lignei: solai con
orditura portante principale di lunghezza uguale alla luce da coprire
e solai con orditura portante
principale di lunghezza inferiore alla luce da coprire.
I primi sono suddivisi ulteriormente in solai a orditura semplice e
in solai a orditura composta.
Solaio
monodirezionale con orditura lignea a travicelli; impalcato a tavole
con coprigiunto.
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I solai a orditura semplice, monodirezionali, sono realizzati
con elementi lignei di sezione ridotta e rettangolare, con base
minore dell’altezza, denominati travicelli o panconi (costoloni),
questi ultimi più stretti e più alti rispetto ai primi. L’orditura
viene collocata ad un interasse variabile da circa 30 cm fino a 50
cm, in funzione della zona geografica di realizzazione del solaio e
della tipologia dell’impalcato utilizzato. L’appoggio nel muro è
di circa 10-15 cm. Gli elementi sono posti parallelemente al lato
minore del locale il quale non supera, in genere, i 4-5 metri. Al di
sopra delle travi è presente l’impalcato costituito da elementi in
laterizio, pianelle o mezzane, diffusi per lo più nel Centro Italia
o in legno, tavole o tavoloni, diffusi prevalentemente nel Nord
Italia. Le tavole e i tavoloni possono essere semplicemente accostati
e dotati di coprigiunto o coprifilo per evitare il passaggio di
polvere e per nascondere eventuali imperfezioni o fornite di
giunzione maschio femmina. Sopra l’impalcato è presente un
sottofondo, uno strato di allettamento e infine il pavimento vero e
proprio.
I
Solaio
bidirezionale con orditura lignea a travi e travicelli,
impalcato a
tavole; presenti anche cornici, bussole e coprigiunto.
I solai a orditura composta, bidirezionali, sono realizzati generalmente mediante due orditure collocate tra loro ortogonalmente. Nello specifico è presente un’orditura principale costituita da travi e un’orditura secondaria costituita da travicelli. Tale tipologia è utilizzata per ambienti con luce da coprire superiore ai 4-5 m. Sia le travi che i travicelli possono essere di sezione variabile; le prime indicativamente 20-25x30-35 cm, ma anche maggiore a seconda della luce del locale, i secondi indicativamente 8x8-10 cm. Le travi inoltre sono collocate con un interasse di 3-4 metri, mentre i travicelli con interasse analogo a quello dei solai monodirezionali. I travicelli sono poi soprastati dall’impalcato, dal sottofondo, dallo strato di allettamento e dal pavimento. L’orditura principale appoggia sui muri per circa 25-30 cm, direttamente o mediante mensole lignee fissate con chiodi o mensole in pietra. Le mensole hanno diversi scopi tra cui quello di evitare il diretto contatto con la muratura al fine di preservare la trave da fenomeni di marcescenza, di riduzione della luce di libera inflessione della trave ed estetico. Talvolta è possibile riscontrare anche delle false mensole con funzione esclusivamente estetica; queste possono essere in legno o in gesso e penetrano nel muro solo pochi centimetri. In alternativa alle mensole o associate ad esse, la trave può appoggiare su dormienti lignei o in pietra, annegati nella muratura, in grado di ripartire le sollecitazioni di compressione su una superficie più ampia. Ulteriore caratteristica, spesso riscontrabile sui solai lignei, è la presenza di staffe metalliche poste in intradosso, in estradosso o sulle facce laterali delle travi, talora incassate nella superficie legnosa e fissate con chiodi. Le staffe proseguono all’interno della muratura e sfociano esternamente dove sono vincolate mediante capochiave. Questo sistema permette di creare delle catene lignee che conferiscono all’edificio un comportamento scatolare e, di conseguenza, una migliore risposta sismica. I travicelli appoggiano direttamente sulla trave per circa metà larghezza; le estremità possono essere semplicemente attestate oppure unite con unione a mezzo legno; in entrambi casi è presente un chiodo di collegamento alla trave. La parte che rimane tra l’estradosso della trave e l’intradosso dell’impalcato può essere a vista, tamponata con muratura oppure, nei solai di maggiore pregio, nascosta da elementi di completamento/abbellimento quali bussole (tavolette poste inclinate all’interno di scassi eseguiti sulle facce laterali dei travicelli), coprigiunto e cornici. Talvolta, per limitare l’altezza di ingombro del solaio, i travicelli sono sostenuti da regoli chiodati sulle facce laterali della trave, in modo che il loro estradosso coincida con quello della trave stessa.
Solai di particolare pregio sono quelli a
cassettoni o lacunari dove le travi portanti si incrociano con false
travi, dando luogo a dei riquadri di forma per lo più quadrata o
rettangolare. I riquadri possono essere abbelliti con rosoni in legno
o gesso e talvolta decorati. Sono presenti anche gli elementi di
completamento descritti precedentemente. Le specie maggiormente
utilizzate per la realizzazione delle orditure lignee sono l’abete,
il larice, il castagno, la quercia e, per i solai di minor
importanza, il pioppo. I vari tipi di assortimenti venivano lavorati
in modo manuale, mediante ascia, asciotto e sega o, sia manualmente,
nelle prime fasi di lavorazione che meccanicamente nelle fasi
successive. La lavorazione aveva lo scopo di regolarizzare il fusto
originario ottenendo segati, rastremati o non, con sezione squadrata
a spigoli vivi o con smussi. L’utilizzo di travi rastremate
prevedeva di collocarle in modo alterno. Non mancano tuttavia esempi
in cui sono stati utilizzati direttamente i tronchi tondi, previa
rimozione di rami e corteccia.
I solai con orditura portante principale
di lunghezza inferiore alla luce da coprire sono una tipologia di
solai, poco diffusa in Italia, nella quale rientrano quelli ideati
da Sebastiano Serlio, architetto bolognese del XVI secolo, quelli
poligonali, a comparti e a raggi. Il loro utilizzo deriva
dall’esigenza di coprire grandi luci e di sopperire alla mancanza
di assortimenti lignei di dimensioni adeguate.
Coperture lignee
Tetto alla lombarda con orditura lignea a capriate, arcarecci e travicelli.
Capriata classica a nodo aperto costituita da catena, puntoni, monaco e saette.
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Le coperture lignee possono essere suddivise principalmente in
due tipologie: la piemontese
e la lombarda.
La prima è costituita da elementi lignei chiamati falsi puntoni,
poggianti sul muro di colmo e su quello perimetrale e aventi
un’inclinazione analoga a quella della falda. Qualora siano
presenti pilastri anziché muri continui, i falsi puntoni
appoggeranno su travi di colmo e travi di bordo. La seconda è
costituita da elementi lignei chiamati terzere o semplicemente
travi, poggianti sui muri interni ortogonali a quelli perimetrali e
disposte parallele alla linea di gronda. Sopra l’orditura
principale sono collocati un’orditura secondaria costituita da
travicelli o correnti, l’impalcato, in legno o laterizio e infine
il manto di copertura. Qualora non siano presenti muri interni o
qualora la luce da coprire sia tale da non permettere l’utilizzo
delle tipologie precedentemente descritte, si ricorre all’utilizzo
di particolari unità strutturali definite capriate. Le capriate più
antiche pervenute a noi in ottimo stato di conservazione, sono quelle
della copertura della Basilica di Santa Caterina situata in Egitto,
nella regione del Sinai, risalenti al VI secolo D.C..
Capriata
in legno con catena metallica.
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Attualmente, nei vari edifici diffusi in tutto il territorio
nazionale, si riscontrano diverse tipologie di capriate realizzate in
legno, in metallo, miste in legno-metallo e recentemente anche in
legno lamellare. La tipologia classica della capriata è quella
costituita da una catena, due puntoni e un monaco, detto anche
ometto, disposti a formare un triangolo isoscele. Tale disposizione
fa sì che la capriata sia una struttura isostatica, semplicemente
appoggiata sulle murature, quindi non spingente e il suo
comportamento statico sia riconducibile al principio del triangolo
indeformabile. I puntoni sono sollecitati a presso-flessione in
seguito ai carichi derivanti dalla copertura soprastante, mentre la
catena è sollecitata esclusivamente a trazione. Il monaco ha la sola
funzione di migliorare l’unione dei due puntoni ed è sottoposto a
compressione. Spesso sono presenti due ulteriori aste, le saette che
riducono la luce libera di inflessione dei puntoni. In tal caso, le
saette compresse fanno sì che il monaco sia anche teso ovvero assuma
la funzione di tirante. Nel funzionamento classico della capriata è
importante che il monaco non sia in contatto con la catena,
concezione detta a nodo chiuso, ampiamente diffusa nel Nord Europa
(Germania e Gran Bretagna), in quanto andrebbe a modificarne lo
schema statico rendendola più vicina ad una struttura reticolare
iperstatica. Nella realtà non è sempre così scontato assimilare la
capriata ad uno schema statico ben definito, soprattutto nelle
strutture antiche dove la configurazione originaria è spesso
modificata a causa di interventi di sostituzione, di integrazione e
di consolidamento realizzati nel corso dei vari decenni. La catena
può essere avvolta da una staffa metallica a U fissata con chiodi
sul monaco. Tale accorgimento ha duplice funzione: quella di presidio
per la catena limitandone l’inflessione dovuta al peso proprio,
soprattutto quando entrano in gioco sezioni grandi e quella di
mantenimento della planarità della capriata, impedendone così
eventuali deformazioni. Nelle capriate antiche quando le luci da
coprire erano notevoli a tal punto che era richiesta una catena di
lunghezza non facilmente reperibile o comunque difficile da
movimentare e assemblare, si ricorreva a due semicatene di pari
lunghezza, unite mediante unione a Dardo di Giove. L’unione era poi
completata con dormienti posti in intradosso e talvolta in estradosso
e rinforzata con collegamenti metallici quali staffe, chiodi, bulloni
e lignei quali spinotti.
Questi collegamenti permettevano di
migliorare la resistenza a trazione del giunto che, per sua natura,
non si prestava in modo efficiente a questo tipo di sollecitazione.
La tecnica del giunto a dardo di Giove era impiegata anche per la
realizzazione di protesi sul puntone o sulla catena a seguito di
degrado da carie. Sempre le catene talvolta erano dotate di staffe
metalliche a muro con capo chiave esterno per il collegamento con i
muri perimetrali. Le unioni legno-legno sono realizzate a dente
semplice o a doppio dente (raramente a triplo dente) e arricchite
talvolta con incastri tenone mortasa; collegamenti metallici come
chiodi, staffe, bulloni, grappe reggette, ecc. solidarizzano il
tutto.
Unione catena-puntone con triplo dente; catena provvista di mensola lignea. |
Tra le varie unioni il dente della catena è sicuramente
il punto più critico della capriata. Può accadere infatti che
questo risulti sottodimensionato ovvero di lunghezza insufficiente,
dovuta per lo più ad una mancanza di spazio. La zona interna alla
muratura è poi maggiormente soggetta a degrado da agenti fungini
xilofagi. Infine la rottura a taglio, essendo di tipo fragile, è più
temibile rispetto alle altre. Per questi motivi, spesso è presente
una staffatura metallica di presidio in grado di impedire eventuali
movimenti tra le due aste, qualora ce ne fosse necessità. E’
consigliabile inoltre che l’intersezione degli assi puntone-catena
ricada all’interno del muro, meglio se in corrispondenza del
baricentro, evitando così sollecitazioni di presso flessione sulla
muratura stessa.
Per quanto riguarda le specie legnose,
quelle che meglio si prestano ad assolvere le funzioni che i vari
elementi hanno all’interno dalla capriata sono: per la catena
l’abete, non troppo pesante e sufficientemente resistente a
trazione, per i puntoni lo stesso abete o ancor meglio castagno o
quercia ovvero specie con caratteristiche meccaniche migliori,
mentre per il monaco è sufficiente utilizzare legni duri in grado di
resistere alla compressione esercitata dai puntoni. Tuttavia sia nel
passato che attualmente le capriate sono realizzate in funzione
delle disponibilità legnose locali e delle risorse economiche
disponibili.
Capriata spaziale costituita da due capriate poste ortogonalmente e aventi monaco in comune; a completare l’orditura principale sono presenti falsi puntoni di displuvio con saette. |
Man mano che le luci da coprire aumentano, la capriata può
diventare più complessa in seguito all’introduzione di ulteriori
elementi come controcatene, sotto puntoni, monaci laterali,
dormienti, mensole ecc. . Tipologie particolari sono le capriate
cosiddette spaziali, cioè dotate di aste che si sviluppano al di
fuori del piano della capriata, creando così unità strutturali
controventate in grado di migliorare il comportamento dell’intero
complesso strutturale nei confronti del sisma.
Controsoffitti lignei
Il termine controsoffitto indica un
soffitto posto in opera al di sotto della superficie inferiore di una
copertura o di un solaio con funzione estetica/decorativa e di
isolamento termoacustico.
E’ possibile individuare
fondamentalmente due tipologie di controsoffitti: i controsoffitti
curvi definiti volte leggere,
false volte o volte in camorcanna
e i controsoffitti piani.
Volta lignea con centine formate da tre/quattro tavole ed elementi di irrigidimento e collegamento della stuoia; stuoia in canniccio intonacato. |
Le volte leggere si sono diffuse ampiamente in Italia nel IXX
secolo con caratteristiche costruttive e morfologiche diverse, sia a
livello di copertura che di solaio. Questa ampia diffusione è stata
favorita dallo loro economicità nella fase di realizzazione, dalla
loro leggerezza, costituendo una valida alternativa a quelle
realizzate in muratura e dal loro comportamento isolante. Le troviamo
principalmente nelle chiese, nei palazzi nobili e anche nei teatri
(plafoni) dove, grazie alla loro curvatura ridotta, hanno permesso
una migliore diffusione del suono. L’orditura portante è
costituita da centine realizzate mediante l’accoppiamento di più
elementi lignei, di base ridotta rispetto all’altezza, sagomati in
intradosso, posti per coltello e chiodati tra loro in modo che le
giunzioni risultino sfalsate. Il legno utilizzato in genere è pioppo
e abete, entrambi leggeri e facilmente lavorabili ma altrettanto
degradabili. Le centine sono poi controventate mediante un’orditura
secondaria costituita da listelli lignei denominati tambocci posti
ortogonalmente e talvolta da un’orditura di terzo ordine disposta
tra un tamboccio e l’altro parallelamente alle centine. Il pannello
di supporto dell’intonaco è realizzato mediante una stuoia,
costituita da canne palustri semplicemente accostate o canne di
dimensioni maggiori, suddivise longitudinalmente e intrecciate a
formare un maglia detta arellato. La stuoia è fissata all’orditura
lignea mediante chiodi a testa larga. In alternativa alle canne,
quando lo loro disponibilità è limitata, si utilizzano rametti
flessibili, chiamati vinchi o piccoli listelli lignei. Intorno al XX
secolo viene introdotta, in sostituzione del materiale vegetale, la
rete metallica. La stuoia viene intonacata con malte di gesso o miste
e l’intonaco viene infine decorato con dipinti talvolta di notevole
pregio e rara bellezza.
I controsoffitti piani sono
caratterizzati da una tipologia costruttiva analoga a quella delle
volte; in questo caso l’orditura lignea è costituita da un telaio
realizzato con segati di varie dimensioni. Il telaio è autoportante
come nelle volte leggere; talvolta può comunque essere ulteriormente
sostenuto da pendini (in legno) o tiranti (in metallo) collegati
all’orditura soprastante. In alcune circostanze il controsoffitto
ha come orditura principale gli elementi di solaio o di copertura ai
quali sono collegati i listelli che sostengono la stuoia. In
alternativa è presente solo la stuoia intonacata e aderente al
solaio o alla copertura. In quest’ultimo caso si parla più di
rivestimento che di controsoffitto.
Rivestimento in rete metallica intonacata aderente all’orditura lignea di solaio |
Bibliografia
Il Legno, materiale della tradizione
costruttiva. Considerazioni per la conservazione
– Manuela Mattone – CELID
Recupero dei solai in legno –
Placido Munafò – DARIO
FLACCOVIO EDITORE
Le strutture di legno in zona sismica
– Ario Ceccotti, Maurizio
Follesa, Marco Pio Lauriola - CLUT
Le capriate lignee antiche per i tetti
a bassa pendenza. Evoluzione – Dissesti – Tecniche di Intervento
– Placido Munafò – ALINEA
EDITRICE
Recupero e conservazione di volte in
“camorcanna” – Dalla “regola d’arte” alle tecniche
d’intervento – Enrico
Quagliarini, Marco D’Orazio –
ALINEA EDITRICE
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